Percy H. Fawcett e la città perduta di Z – Parte II
(Continua dalla Parte I)
È esistita davvero una antica civiltà avanzata stanziata nel bacino amazzonico? Le ultime scoperte confermano la visione di Percy H. Fawcett. La vita e la leggenda di uno dei più grandi esploratori di ogni tempo, in cui coraggio, ossessioni, e la ricerca di una mitica città perduta nel bacino amazzonico si fusero nell’uomo che diede origine al mito di Indiana Jones
LA PIÙ GRANDE OPERAZIONE DI CROWFUNDING MAI REALIZZATA
Il Regno Unito e l’impero più grande del mondo si rivelò troppo piccolo e di mentalità ristretta per Fawcett che aveva bisogno di un paese economicamente forte e in grande ascesa economica per trovare sostenitori finanziari alla spedizione. Mandò il suo manager a New York per riuscire a pubblicare negli Stati Uniti il suo libro “Travels and adventures in South America” ma l’operazione si rivelò un disastro: il libro era stato rifiutato da vari editori in Inghilterra, e l’emissario, un imbroglione e ubriacone, perse il manoscritto e scomparve con tutto il denaro raccolto.
Fawcett, disperatamente alla ricerca di fondi, diede allora origine alla più grande operazione di crowfunding mai effettuata, naturalmente nell’inconfondibile stile PHF (come lo chiamavano i familiari, le iniziali del nome), un misto di modernità, lungimiranza e capacità imprenditoriale: si inventò un vero e proprio format real time, in cui la North American Newspaper Alliance avrebbe ricevuto a cadenza regolare i rapporti delle esplorazioni inviati tramite messaggeri nella foresta, che giunti alle città principali avrebbero telegrafato il dispaccio, raggiungendo così una copertura pressoché globale. Oltre agli editori giunse il sostegno di una grande compagnia petrolifera che commissionò a Fawcett l’esplorazione e investigazione del territorio amazzonico a scopo minerario. Fu solo grazie alla eccezionale tempra e determinazione del colonnello che riuscì nell’intento.
HIMMLER E LA SPEDIZIONE IN BRASILE
Il Reichsfuehrer Heinrich Himmler mandò i suoi studiosi della sezione SS Ahnenerbe in Brasile, alla ricerca della stessa civiltà e con le stesse motivazioni, anche se ufficialmente si cercavano territori da colonizzare.
Come abbiamo chiaramente delineato nella prima parte di questo articolo Himmler e Fawcett condividevano la medesima credenza, fondata sulla Teosofia che costituiva una delle basi ideologiche del nazismo, in una élite antica formata da ariani di ceppo purissimo che da città nascoste, in Tibet, Brasile, ecc., dirigerebbero i destini del mondo. (tutti questi aspetti sono stati approfonditi con documenti e bibliografia nei miei testi)
Infatti, come emerge dagli appunti e dalle lettere dell’esploratore ora in custodia della famiglia, Fawcett cercava quelle che chiamava Le Logge Bianche, come chiama le città in questione; dal 1924 questa ricerca divenne per lui prioritaria ma non ne parlerà mai con nessuno, temendo un ritiro dei fondi faticosamente acquisiti, uno dei segreti che porterà con sé.
La spedizione, altamente attrezzata, comprendeva un idrovolante, macchine da presa e fotografiche laboratori portatili, ecc., ed era guidata dal geografo Otto Schulz-Kampfhenkel. Il gruppo era composto da quattro scienziati tedeschi, uno dei quali era Joseph Greiner, assunto perché parlava portoghese. Risalirono il fiume Jari, arrivando a Belém, capitale dello Stato di Pará nel 1935.
Presto la spedizione si inoltrò nell’inferno amazzonico rilevando i medesimi problemi in cui si era imbattuto Fawcett: persero l’idrovolante e molto dell’equipaggiamento ma riuscirono ad esplorare nel 1936 la regione dello Jari, fino a che Josef Greiner, afflitto da una febbre tropicale morì.
Recentemente è stato scoperto il sito della sepoltura dell’esploratore tedesco[1].
Otto Schulz-Kampfhenkel e I suoi scienziati tornarono in patria nel 1937, portando con sé moltissimo materiale di grande interesse per gli antropologi del Reich; crani, corpi conservati in alcool, animali esotici, piume.
Non è chiaro se poterono trovare ciò che cercavano, ma lasciarono un’eredità genetica nordica in Brasile: la figlia del cacicco (capo) indigeno Aocapotu, diede alla luce una bambina dalla pelle bianca e dagli occhi azzurri che chiamo Cessé.
LA CITTÀ PERDUTA DI Z ESISTE DAVVERO?
L’archeologo e antropologo Michael Heckenberger, PhD e associate professor alla University of Florida ha trovato numerose tracce di insediamenti di varia estensione non lontano dal luogo da cui Fawcett partì per la ricerca di Z.
Tutto intorno ai villaggi indios si estendono numerose strade, alcune larghe oltre 300 metri, e canali che collegavano un’enorme area abitativa immersa nella foresta. Rampe, ponti di legno e altre strutture sono chiaramente discernibili nell’intrico della vegetazione. Il prof. Heckenberger e il suo team hanno realizzato una mappatura dell’enorme agglomerato urbano, comprendente cittadine di forma circolare, collegate geometricamente secondo piani precisi, con piazze e collegamenti.
A causa della rarità di pietra adatta nella foresta, il sito fu eretto costruito con materiali organici, legno, fusti di palma, ecc. e poco è rimasto degli insediamenti ma numerosissimi sono i resti di vasellame: gli studiosi confermano che si tratta di una vera e propria rivoluzione nelle conoscenze finora acquisite secondo cui l’Amazzonia era un paradiso naturale che non avrebbe mai potuto sostenere una civiltà avanzata come sembra essere quella testimoniata dalle vestigia rinvenute.
E le scoperte continuano: l’antropologa e archeologa Anna Roosevelt, PhD, dell’Università dell’ Illinois, durante gli scavi a Santarém in Amazzonia, ha rinvenuto una caverna con dipinti che secondo le prime datazioni risalirebbero a 10.000 anni fa, di animali giganti e insoliti descritti da Fawcett e di cui la comunità scientifica inizialmente si fece beffe ma che poi gradualmente fu portare a considerare come possibili.
PREISTORIA DA RISCRIVERE
Ma c’è di più: all’interno di queste caverne, la prof.ssa Roosvelt ha rinvenuto tracce di insediamenti che risalirebbero a circa 8.000 anni prima di Cristo. Queste scoperte retrodatano i primi insediamenti umani in Amazzonia a età impensabili solo pochissimi anni fa e contribuiscono a delineare una nuova teoria che Fawcett aveva sempre sostenuto, ritenuta un’assurdità dagli studiosi del suo tempo.
Ho avuto modo di scambiare diverse informazioni con la Prof.ssa Roosvelt, che legge l’italiano e ha tra l’altro gentilmente richiesto i miei libri (la nuova direzione che ha intrapreso il suo lavoro collima con molte mie ricerche e si è mostrata entusiasta al riguardo) e devo dire che ho trovato il suo lavoro eccezionale, soprattutto per le implicazioni. Si è sempre creduto che i primi abitanti del continente americano fossero i cosiddetti Clovis, popolazioni paleo-indiane dedite alla caccia di animali giunte dall’Asia alla fine dell’ultima età glaciale attraverso lo Stretto di Bering circa 11.000 anni fa. Tuttavia gli insediamenti non mostrano elementi tipici della cultura Clovis. E i resti di vasellame ritrovati dalla Roosvelt in aree limitrofe alle caverne retrodatano di oltre 2.000 anni i più antichi reperti fittili emersi in Amazzonia.
E c’è di più.
NUOVE SCOPERTE CON I DRONI IN MATO GROSSO; SITI MEGALITICI
Recentemente grazie al rilevamento aereo, si è scoperto che gran parte del bacino amazzonico è disseminato di enormi mound (tumuli) collegati tra loro da strade rialzate, canali e vie di comunicazione.
Il prof. Clark L. Erickson, PhD e antropologo all’università della Pennsylvania, ha studiato queste strutture nell’area amazzonica boliviana e afferma che durante le inondazioni esse permettevano agli indios di continuare a coltivare la terra evitando così di bruciare grandi aree di foresta che avrebbe impoverito il terreno.
La realizzazione di tumuli così grandi richiese lo spostamento di migliaia di tonnellate di terreno, deviazione di corsi di fiumi, realizzazioni di opere di drenaggio idrico e di nuovi canali.
Inoltre, mediante l’uso di droni si sono trovati oltre 450 siti costruiti con pietre megalitiche[2]: si tratta indubbiamente di siti sacri, non nuclei abitativi, simili nella concezione a quello di Stonehenge e astronomicamente orientati.
UNA NUOVA IPOTESI
Tutto questo suggerisce un’idea che è molto più di un’ipotesi, considerate le molte prove a sostegno: è probabile che la civiltà Amazzonica perduta sia nata in loco diffondendosi poi verso l’esterno e non viceversa.
Heckenberger afferma che questa grandiosa cultura fosse indubbiamente molto avanzata per l’epoca, viste le tecniche e i calcoli ingegneristici necessari alla creazione di tali strutture e che sia stata spazzata via da quello che si può definire un vero e proprio Olocausto da contatto europeo. Eppure non rimangono solo tracce archeologiche ma anche antropologiche: infatti negli attuali villaggi delle tribù Xinguanos, Kuikuro, e altre, si costruiscono vasi e terrecotte dello stesso tipo di quelle emerse dagli scavi, i loro villaggi sono orientati secondo la direttrice est-ovest comune negli insediamenti antichi, anche se gli abitanti dei villaggi moderni non hanno idea del motivo per cui continuano a seguire questo modello.
Inoltre si è appurato che seguono la stessa alimentazione a base di manioca, dormono in amache di cotone, costruiscono capanne di terra e paglia esattamente come l’antica civiltà di cui sono eredi. Le coincidenze sono così tante che gli studiosi sono portati ad escludere una casualità.
QUELLO CHE FAWCETT CERCAVA ESISTEVA DAVVERO
La figura di Fawcett è affascinante: la sua avventura va oltre la gloria, la conquista, la conoscenza, quest’uomo era alla ricerca delle radici stesse della civiltà, perseguiva con tenacia un’idea che non aveva basi storiche bensì pseudoreligiose. Ciò nonostante, a ottant’anni dalla sua morte si comincia solo ora a trovare le prove che le sue ossessioni avevano una base reale e ciò che si sta scoprendo è veramente straordinario. Dovremo attendere i prossimi anni perché l’area del Mato Grosso riveli i suoi segreti alle indagini archeologiche ma quello che si è già appreso conferma la presenza di una antica e avanzata civiltà perduta in Amazzonia.
Pierluigi Tombetti
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BIBLIOGRAFIA
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Fawcett, Percy and Brian, Lost Trails, Lost Cities, Funk & Wagnalls, 1953
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Heckenberger, Michael, The Ecology of Power: Culture, Place and Personhood in the Southern Amazon, AD 1000-2000 (Critical Perspectives in Identity, Memory & the Built Environment), NY, Taylor & Francis Group, 2005
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Roosevelt, Anna C., John Douglas and Linda Brown, Migrations and Adaptations of the First Americans: Clovis and Pre-Clovis Viewed from South America. In The First Americans: The Pleistocene Colonization of the New World, 2002 N. Jablonski, ed. Pp. 159-236. Berkeley: University of California Press.
[1] http://www.dailymail.co.uk/news/article-1080071/The-Boys-Brazil-Nazi-graveyard-discovered-deep-Amazon-rainforest.html
[2] http://www.telegraph.co.uk/science/2017/02/06/hundreds-ancient-earthworks-resembling-stonehenge-found-amazon/
caro Tombetti ,
ho letto il suo ultimo articolo sulla civiltà perduta trovata in Amazzonia.
L’ho trovato interessante.
Ma lei crede davvero che le date riportate nel suo articolo siano accurate?
grazie per l’attenzione
Anna Lampis
Gent.ma Anna, grazie per il suo commento.
No, io penso che ci sia una retrodatazione eccessiva, ma per dovere di cronaca e rispetto verso i ricercatori che stanno scavando in loco ho riportato i dati forniti da loro.
E’ probabile che in futuro la datazione risulti più recente e ci siano revisioni e ritocchi alle date proposte dai ricercatori.
Un saluto,
Pierluigi