Archeologo, scienziato, esperto dell’insolito e del Mystero con la M maiuscola, Martin Jacques Mystère è il Detective dell’Impossibile, uno dei fumetti di maggior successo delle pubblicazioni di Sergio Bonelli Editore. Nato a New York nel 1942, si laurea in antropologia ad Harvard (1964), studia archeologia alla Sorbona e Belle Arti a Firenze. Nel 1973 compie la prima spedizione a Mohenjo Daro insieme a Sergej Orloff, che diverrà poi il suo più acerrimo nemico. Iniziato a discipline esoteriche orientali che gli permettono un punto di vista non allineato, scrive libri sui grandi misteri della storia dell’uomo che riscuotono subito un enorme successo. Nel 1979 torna da una spedizione sull’Himalaya con un uomo di Neanderthal sopravvissuto all’estinzione, che battezzerà poi Java e che diverrà la sua spalla ideale. Nel corso degli anni affronta e studia tutti i più grandi misteri della storia, da Excalibur all’uomo lupo, da Stonehenge all’affondamento del Lusitania, svelando poco a poco la vera storia dell’umanità, un percorso differente da quello che si studia nei libri, senza dubbio più affascinante. Come faccia alla bella età di sessantasette anni a mantenere un fisico d’acciaio senza praticare alcuna forma di ginnastica, fumando e trascorrendo innumerevoli ore di fronte ad un computer è senz’altro un altro grande Mystero.
UNA STORIA ALTRA
Nel mondo fantastico del Detective dell’Impossibile l’umanità affonda le sue radici in una storia altra, una remota antichità, in cui due grandi blocchi sociali, Mu e Atlantide, avevano raggiunto un livello scientifico elevatissimo, al punto di scontrarsi in una guerra senza tempo che avrebbe riportato l’uomo ad un livello primitivo. Le tracce di questa storia alternativa sarebbero poi traslate nelle mitologie dell’umanità e grazie a questi riferimenti, Martin Mystère riesce spesso a trovare avveniristiche sale di controllo degli Atlantidei, o oggetti mitologici che di solito si rivelano nel corso dell’episodio opere di alta tecnologia costruite da civiltà precedenti alle nostre.
QUATTRO CHIACCHIERE CON ALFREDO CASTELLI
Sono a Milano alla sede della Sergio Bonelli Editore, per incontrare Alfredo Castelli, fumettaro (che brutta parola… ma si dice così) di successo e soprattutto sceneggiatore di un eroe di carta che vive e respira il Mystero ad ogni pagina. Si tratta di una realtà letteraria (Alfredo Castelli è entrato da tempo anche nelle enciclopedie alla voce letteratura/fumetti) di straordinario interesse per tutti coloro che si sentono attratti dai grandi enigmi della storia. Infatti, il Detective dell’Impossibile si muove in un mondo di fantasia in cui la base narrativa si installa sempre su una struttura costituita da fatti, luoghi ed eventi reali, a tal punto che si potrebbe fare del turismo mysterioso, seguendo passo passo i luoghi e gli eventi di background delle avventure quasi come in una guida turistica. Alfredo ci accoglie con cortesia e con una affabilità che ce lo rende ancora più simpatico;
SCRIVERE MARTIN MYSTERE
PIERLUIGI TOMBETTI (PT)= E’ difficile scrivere una storia di Martin Mistère (M.M.)?
ALFREDO CASTELLI (AC)= Beh, c’è da dire che altri fumetti, come Diabolik, o Tex, per fare un esempio, si muovono in situazioni piuttosto ripetitive, l’eroe sgomina una banda o nel caso di Diabolik riesce a rubare un oggetto, mentre in M. M. ogni volta esiste la difficoltà effettiva di creare situazioni sempre nuove. Posso utilizzare per una avventura il Graal, magari usarlo due o tre volte, ma poi devo creare una storia su un tema differente per non annoiare il lettore. Lo stesso dicasi per un tema, poniamo gli UFO; la difficoltà che incontra lo sceneggiatore di M.M. sta proprio in questo cercare di impedire la ripetitività delle tematiche.
BIOGRAFIA IN PILLOLE
P. T. = Come nasce M.M.?
A.C. = Come prima idea nasce più o meno nel 1975, e scaturisce da interessi vari, dalla lettura di Peter Kolosimo… e poi avevo una grossa biblioteca e mi sono detto: vediamo di farla fruttare in qualche modo. E così nasce M. M. La prima apparizione pubblica come prototipo è su un settimanale, Supergulp; all’epoca avevo chiamato l’eroe Allan Quatermain,. Poi nell’82 Bonelli ha ripreso il personaggio come Martin Mystère e da lì fino ad oggi.
FANTASIA E REALTA’
P. T. = Quello che colpisce in Martin Mystère è la caratterizzazione del personaggio, con i suoi pregi e soprattutto con i suoi difetti, lontano dall’eroe classico. I suoi lati più umani certamente lo fanno apprezzare più di un eroe senza macchia e senza paura. Guarda, Martin potrebbe tranquillamente esistere nel mondo reale, anzi, conosco alcuni professori che gli somigliano…
A.C. = A dire il vero il personaggio iniziale mi era un po’ antipatico, non riusciva a girare bene, perché era nato a tavolino. Per quanto concerne un fumetto, la condizione necessaria, non sufficiente ma necessaria, perché abbia successo è che non venga propinato dall’alto, che cioè l’autore non si ponga sopra al lettore con un certo distacco (per la tv vale invece il contrario, deve essere sempre bello, coraggioso, ecc). Io l’avevo fatto con distacco e non mi piaceva, non funzionava neanche. Poi, un giorno, mi ricordo che dovevo per forza iniziare una storia perché il disegnatore era fermo, e allora mi sono osservato: mi sono fatto un caffè, poi ho girovagato per le stanze, poi mi sono seduto, poi mi sono alzato e sono andato a lavare la tazzina… mi sono detto: se io raccontassi questo episodio, chiaramente sceneggiato in maniera brillante… Improvvisamente il personaggio mi è diventato simpatico perché ho capito come muoverlo. Bastava scegliere cose particolari che faccio io, non tutto perché non c’è autobiografia nel personaggio. Ecco, questa è stata la prima grossa evoluzione. Il secondo gradino evolutivo è stato il fargli abbandonare gli argomenti strettamente archeologici e farlo muovere anche in altri contesti. Questo perché dopo 35.000 tavole, e sono tante, ci si stanca di far crollare continuamente caverne piene di tesori di Atlantide o cose del genere.
P. T. = Ho notato che i numeri fino al 150 circa avevano una certa freschezza ed erano pervase da un certo entusiasmo e da una atmosfera suggestiva che non si ritrovano completamente nelle avventure di oggi di M. Mystère, così dotte ed erudite ma quasi fredde…
A.C. = Certo le prime storie erano più fresche, perché piene di entusiasmo da parte di chi le scriveva; erano comunque più ingenue rispetto a quelle di oggi, perché c’era meno concorrenza e molti meno fumetti di oggi. Tra l’altro nel ’75 non c’era ancora Indiana Jones, i Men in Black ecc. Oggi devi pensarci sopra almeno quattro volte se una trama non sia già stata fatta. Quindi la cosa è ancora più difficile. Oltre alla stanchezza fisiologica della serie, c’è anche quella fisica: un autore, vent’anni dopo, ha vent’anni in più e questo si nota, senza dubbio. A volte poi si fanno altre storie non bonelliane, ma realizzate ad hoc per occasioni particolari, che servono più a me per tenere vivo il personaggio con la sua freschezza e per evitare che si dimentichino le sue caratteristiche caratteriali.
UN MYSTERIOSO BIO – FEEDBACK
P.T. = Ma quanto c’è di te in Martin Mystère?
A. C. = Beh, per quanto riguarda il mio caso non c’è autobiografia, anche perché l’autobiografia di Castelli non frega niente a nessuno, però per certi particolari, per vedere come reagirebbe il personaggio in una data situazione, l’autore prende piccoli pezzi di sé stesso. Io per esempio sono un chiacchierone, come è facile arguire, ed ecco che Martin Mystére diventa un chiacchierone. Ha luogo un fenomeno mysterioso che chiamo bio –feedback; per esempio se io parlo molto, M.M. parlerà molto ma devo farlo parlare in maniera corretta e spiritosa: questo si riflette su di me, ovviamente in maniera limitatissima, che tenderò a parlare come parla lui. Mi immagino quindi cosa può succedere ad un attore o ad una rock star, una cosa terribile… Certo un cantante o un attore che interpreta sempre quella parte ne viene condizionato in maniera notevole, un autore di fumetti però ne viene condizionato in maniera lievissima, ma mi rendo conto che ciò avviene, senza alcun dubbio. Comunque chi scrive fumetti di grande successo come per es. Dylan Dog avverte forte questo fenomeno: infatti Tiziano Sclavi che ha inventato Dylan Dog ha molto del suo personaggio e viceversa. Martin Mystère è invece un personaggio di un certo successo ma non così grande come Dylan Dog e quindi lo si avverte in maniera minore. Il vecchio Bonelli, l’autore di Tex, era un po’ un Tex anche lui. Le sorelle Giussani che hanno inventato Diabolik, hanno creato il personaggio (gli aspetti positivi, voglio dire) e specialmente Eva Kant, su di loro. In definitiva io ho condiviso con Martin Mystère 21 anni, una trentina se consideriamo il tira e molla iniziale per far partire la serie, ed è naturale che ci si affezioni ad un personaggio di fantasia che è un po’ una proiezione di noi.
P. T. = Ti documenti molto per sceneggiare una storia? Quanto incide nella stesura di una sceneggiatura di M. Mystère la preparazione storica? E i viaggi?
A. C. = Io cerco sempre di staccare la parte documentaria da quella, chiamiamola così, fiction, al punto che alla fine di solito scrivo ciò che c’è di vero e non ciò che invece è fantasia perché non amo fondere le due cose. Sì contano anche parecchi viaggi che ho fatto intorno al mondo ma penso che ciò che è davvero importante è saper cercare la documentazione. Internet in un certo senso facilita un po’ le cose, però bisogna distinguere il grano dall’olio perché la rete è piena di ****** (bufale, NdR) e io non scriverei mai cose che non sono vere.
COME NASCE UN ALBO DI MARTIN MISTERE
P. T. = Ma come nasce un albo? Tecnicamente, voglio dire?
A. C. = Dal punto di vista tecnico, M. M. è un fumetto standard, nasce prima di tutto da un atto di scrittura, che può essere fatto dalla stessa persona che disegna oppure no, di solito è quest’ultima la possibilità ricorrente. Lo sceneggiatore divide il soggetto che ha pensato in pagine, solitamente le storie di M. M. sono 150 pagine circa. Per es. Vignetta 1: si vede questo, quest’altro e quest’altro. Il personaggio dice: … ecc.
FUMETTI E CINEMA
P. T. = Qual’è la differenza che esiste tra i fumetti e il cinema?
A. C. = La continuità. Nel cinema il discorso non è spezzato dalla vignetta e quindi c’è più libertà di espressione. Certo, il cinema ha enormi vantaggi, il colore, il movimento e tutto il resto, ma il grande merito del fumetto è che con poche lire e un po’ di tempo da parte del disegnatore, si può realizzare una scena importante, una battaglia spaziale, per esempio. Inoltre nel fumetto i personaggi possono pensare, basta mettere le nuvolette adatte variando il disegno. Ci sono tra l’altro molti codici che il fumettaro può usare al riguardo, nuvole di vario formato e foggia, caratteri che a seconda del loro aspetto definiscono il tipo di voce, se arrabbiata o al contrario suadente. Al proposito, c’è un aspetto curioso che riguarda le nuvolette: infatti le ritroviamo nelle cattedrali, nelle vetrate. Si nota in molte di esse un personaggio che a caratteri gotici dice una preghiera o che so io. A volte la nuvoletta è addirittura un cartiglio o altro. Ma la nuvoletta moderna come la conosciamo nasce molto tardi, ai primi del ‘900, per un motivo molto semplice: siccome in precedenza la vignetta si incideva prima su legno, era molto difficile incidere anche la nuvoletta con il testo e perciò lo si aggiungeva dopo con una didascalia sotto la scena. Poi, quando si è cominciato ad usare la fotografia, il disegnatore poteva fare tutto in un colpo solo e si cominciò ad usare la nuvoletta. Però non si cominciò ad utilizzarla subito ma in maniera molto graduale perché c’erano delle reticenze da parte del disegnatore, poiché c’è anche una direzione di lettura: per es. se se nella vignetta ci sono tre personaggi che parlano, prima si scriveva la didascalia con il nome di chi parlava e il testo ma con le nuvolette ci deve essere un verso di lettura se non si capisce più niente nell’ordine delle affermazioni dei personaggi. L’ordine che si è assestato è da sinistra a destra, come la scrittura. Ma c’è voluto del tempo. Per es. la sorpresa o il colpo di scena deve essere sempre a destra (perché noi leggiamo da sinistra a destra e quindi vedremmo la sorpresa prima del resto) o nella vignetta successiva e il testo della frase deve tenere conto di questo. Quindi il fumetto ha dei vantaggi rispetto al cinema, la cartaceità e la fisicità del fumetto permette determinate cose che il cinema non può dare.
P. T. = Secondo te sono in aumento le persone, non gli studiosi, che si rivolgono a libri o al cinema e tv di tematica misteriosa? Si può dire che vi sia un trend in crescita degli appassionati del mistero?
A. C. = Sì, direi proprio di sì. E’ una tematica che attira.
MARTIN MYSTERE ALL’ESTERO
P. T. = M. M è mai stato mai tradotto in altre lingue?
A.C. = Sì, ma prima di tutto bisogna dire che M. M., come tutti i fumetti Bonelli, sono una realtà peculiare e tipicamente italiana perché gli italiani hanno una abitudine di lettura loro e cioè un formato, un tipo di storie, corposità ecc. per cui all’estero non sono mai andati particolarmente bene. In Italia Tex da oltre cinquant’anni vende centinaia di migliaia di copie, se in Francia vende tremila copie è già molto. La stessa cosa succede in Francia, loro hanno Tin Tin che per loro è un vero cult, ma da noi se vende tremila copie è già tanto. Negli USA dopo il film Spiderman il fumetto dell’uomo ragno ha venduto trentamila copie, una cosa inesistente, da noi non stiamo nemmeno a fare una serie. La vecchia Marvel (quella dei supereroi, NdR) a parte qualche picco momentaneo, vende veramente poco. Purtroppo la serie a cartoni animati ispirata a M.M. aveva poco o nulla a che fare con le caratteristiche del Detective dell’Impossibile, rendendola poco più di una parodia tragicomica su tematiche mysteriose. Il risultato è stato completamente scadente.
P. T. = Fare il fumettaro oggi è un lavoro che rende? Lo si può consigliare ai giovani?
A. C. = Mah, io prendo più o meno come un direttore di banca, non è un brutto guadagnare. Poi però ci sono personaggi di grande successo del tipo Dylan Dog che danno molto di più. Bisogna vedere se la serie ha successo ma sono pochissime: in Italia per es. c’è il caso di Bonelli padre, (con Tex) e delle sorelle Giussani (Diabolik) e basta. Fare fumetti permette di sbarcare il lunario agevolmente ma solo se la serie tira, altrimenti… Poi ci sono altre cose, per es. tempo fa è partita una serie a cartoni animati di M. M. in Canada uscita in seguito in Europa. Morale della favola, mi auguro vivamente che se le cose vanno bene mi portino dei guadagni ma solo con il discorso dei minimi garantiti il massimo che mi potrò permettere sarà un appartamento di cinque metri quadri alla periferia di Milano, ecco siamo su queste cifre!
L’ANGOLO DELLA PSICANALISI: PREGI E DIFETTI DI MARTIN MYSTERE
Scorrendo le pagine della serie emergono qualità come il coraggio, l’inguaribile curiosità per tutto ciò che è misterioso, la lealtà verso gli amici e i suoi ideali, l’amore per la giustizia e una notevolissima erudizione in svariati campi. Piccoli difettucci come una insanabile logorrea o l’incapacità cronica di amministrare saggiamente le proprie finanze rendono M. M. più vicino al mondo reale. Oltre alle mani bucate che arricchiscono copiosamente i librai di mezzo mondo, risultano particolarmente simpatiche le misere scuse con cui il detective dell’impossibile tenta ogni volta di prendere tempo con l’editore per un articolo già in cronico ritardo, scuse che giustificano in realtà un nuovo mistero da risolvere per il Buon Vecchio Zio Marty ( o BVZM) come viene chiamato con affetto dai lettori. Tutto sommato un eroe anti – eroe, che proprio per queste sue caratteristiche, e per l’autoironia e lo humour che spesso traspare dalle sue parole, si avvicina molto al mondo reale.
Ringraziamo Alfredo Castelli per la sua cortesia: è vero, le caratteristiche del suo personaggio emergono a tratti dalla sua personalità e risultano evidenti. Una sorta di bio – feedback, come lo chiama lui, un ennesimo mystero che circonda Castelli & C.