Una Piramide Babilonese in Sardegna?

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UNA PIRAMIDE BABILONESE IN SARDEGNA?

Il sito di Monte D’Accoddi si rivela uno dei più straordinari misteri dell’archeologia moderna

DSCN1532Vi abbiamo camminato sopra, l’abbiamo esplorata, percorsa in ogni sua parte, verificata astronomicamente,  e siamo rimasti davvero colpiti.

La Piramide di Monte d’Accoddi mi ha veramente colpito: non bastavano i Giganti di Monte Prama alla cui scoperta abbiamo assistito un anno fa, e nemmeno le  lunghe file di allineamenti megalitici di Pranu Mutteddu, o i suoi cromlech, dello stesso tipo di quello di Stonehenge, non bastavano le scoperte archeologiche che continuamente si fanno nel silenzio totale delle istituzioni, quello che la Sardegna ha da offrire, archeologicamente parlando è stupefacente.

UNA PIRAMIDE MESOPOTAMICA?                

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A poca distanza da Porto Torres, nella Sardegna Nord-occidentale, sorge un vero e proprio unicum tra le vestigia in territorio italiano: si tratta di una struttura piramidale, denominata Altare Preistorico (o Megalitico) di Monte D’Accoddi, che non ha effettivamente uguali in Europa e per le sue forme e misure viene da sempre assimilata a una ziqqurat (o piramide a gradoni) babilonese con una grande rampa frontale per l’accesso alla parte più elevata.

L’intera area archeologica, di svariate decine di chilometri quadrati, presenta architetture megalitiche più o meno coeve; il complesso di monte d’Accoddi è di età preistorica, risalente almeno al IV millennio a.C., prenuragico dunque, ed è formato da una serie di strutture di tipo cultuale ed abitativo di cui esistono tracce chiare nei dintorni del grande altare.DSCN1515

Da quanto è emerso dagli scavi che sono cominciati negli anni ’50 del secolo scorso, il grande megalite di Monte D’Accoddi fu costruito a tronco di piramide, circa 27 m. di lato e 5 di altezza, che nella forma originale era sormontato da un enorme altare su cui officiare sacrifici, altare di cui rimangono tracce di pareti intonacate dipinte di vernice color ocra. Nel corso della sua storia la piramide fu a più riprese abbandonata e ricostruita: intorno al III millennio a. C. la struttura fu ricoperta da un’altra, con grossi massi lavorati di calcare che le diedero la forma a noi nota.

NUOVI STUDI E NUOVI ORIENTAMENTI

Malgrado l’iniziale scetticismo degli studiosi tradizionali, un team di scienziati guidati dal ben conosciuto prof. Giulio Magli, fisico, matematico e archeoastronomo al Politecnico di Milano, ha indagato le misure e l’orientamento della piramide trovano affinità con le costruzioni egizie e Maya. I risultati di queste survey sono stati pubblicati nel prestigioso Mediterranean Archaeology & Archaeometry[1]: traguardando dalla sommità della piramide il grande menhir verso sud est è possibile rintracciare i cosiddetti “punti d’arresto” di Luna, Sole e Venere, ovvero i punti in cui all’orizzonte si arrestano questi tre astri che, non risentendo del fenomeno noto come precessione degli equinozi (dovuto all’oscillazione dell’asse terrestre nel corso dei millenni), si possono osservare più o meno nelle stesse aree celesti in cui stazionavano ai tempi della costruzione e ricostruzione del sito.

Molto interessante l’ipotesi avanzata dall’astrofilo Eugenio Muroni secondo cui l’altare di Monte D’Accoddi sarebbe stato orientato verso la costellazione della Croce del Sud, ora non più visibile a causa  della precessione degli equinozi. Cinquemila anni fa, tuttavia, la Croce del Sud era visibile a queste latitudini e la teoria sembra ricevere un sostegno, anche se non definitivo, dal fatto che una stele a nord del monumento presenta una Dea Madre a forma di croce, senza la consueta forma umana.

Camminare sulla piramide dona un’ebbrezza insolita, acuita dalla sensazione di trovarsi su qualcosa di unico e prezioso e di cui tuttavia fondamentalmente non si sa nulla, come si sa poco o nulla sulla civiltà dei megaliti che l’ha costruita e ha lasciato tracce in tutta Europa, nel bacino del Mediterraneo, perfino cromlech in Senegal, e nelle Filippine ed è scomparsa senza lasciare null’altro che strutture gigantesche in testimonianza del loro passaggio sulla Terra.

L’OMPHALOS

DSCN1492E intorno alla piramide vi sono altre strutture. L’Omphalos, o ombelico del mondo, la grande pietra tonda visibile nell’immagine, è stata portata nella sua odierna posizione vari anni fa; fu ritrovata nel campo vicino dove ancora giacciono elementi megalitici che non sono stati indagati sufficientemente. Durante il trasporto la pietra si spezzata e oggi è possibile osservare l’ampia frattura prodottasi.

DSCN1489Vi è nelle vicinanze un’altra pietra tonda simile ma di dimensioni minori; entrambe possono riferirsi al tentativo di realizzare un centro di contatto tra il divino e la terra, abitata dagli uomini. Un centro dove gli dei possono interagire con i loro seguaci, un ombelico della terra degli uomini, il cui cordone ombelicale è stato reciso in età remota, ma da cui è ancora possibile comunicare con gli dei celesti.

L’ALTARE SACRIFICALE O DOLMEN

DSCN1495 Un’altra interessante struttura a est della piramide è il cosiddetto altare sacrificale, un minuscolo dolmen formato da un lastrone di calcare lungo circa tre metri che poggia su pietre di sostegno e rivela una serie di fori, diversi dei quali sono passanti: è opinione della maggior parte degli studiosi che sopra questa pietra si legassero animali (i fori passanti servivano per i lacci) destinati alle offerte votive. In effetti i fori sembrano proprio costruiti con questo scopo e si nota anche uno scavo a colatoio per fare defluire il sangue nella camera inferiore, sotto la lastra. I fori sono sette, che potrebbero indicare sia un riferimento astronomico all’ammasso stellare aperto delle Pleiadi, che si ritrova in numerose lastre simili in tutta Italia, soprattutto in Valle d’Aosta, sia come riferimento alla numerologia sacra tipica di queste antiche civiltà.

IL MENHIR

DSCN1511Veramente notevole la presenza di un menhir, o pietra singola eretta, anch’esso di calcare, sagomato e squadrato nella forma classica dei menhir sardi, sebbene solitamente più piccoli, misura 4,40 m per un peso di oltre cinque tonnellate. Spesso queste pietre sono messe in relazione con riti fallici, tipici della Mesopotamia come i pali sacri dei Baal. Nel medioevo erano utilizzate dalle donne sterili come vettori di forza magica: esse strusciavano il ventre sulla superficie nella speranza che il demone che viveva nella pietra potesse benedire la famiglia con un figlio. Si pensa che i menhir fossero uno dei modi in cui le culture megalitiche DSCN1509immaginavano la vita dopo la morte: il deceduto entrava nella pietra e viveva in essa, più o meno lo stesso significato dei cipressi associati ai cimiteri, di antica origine.

MIGLIAIA DI CONCHIGLIE

Dovunque, a pochi metri dalla piramide, si trovano piccole conchiglie biancastre che tradizionalmente si associano a offerte, ne ho raccolte a piene mani, sono dovunque. Nel corso dei secoli qui si sono riunite le popolazioni locali che ripercorrevano rituali perduti nel tempo, figli ed eredi di quelli officiati sulla piramide migliaia di anni fa.

DOMANDE SENZA RISPOSTA

L’impressione che desta il sito è notevole: ma cosa ci fa una piramide babilonese in Sardegna?

Nessun archeologo ha trovato una risposta adeguata: qualcuno sostiene si tratti di una struttura comune all’homo religiosus in ogni parte della terra, e cioè la costruzione di un tempio sopraelevato che avvicini in qualche modo l’essere umano a Dio.

Strutture simili esistono alle Isole Canarie, in Sicilia, Egitto, Sud America e in vari paesi della terra, ma l’unicità di Monte D’Accoddi risiede nel fatto che si tratta dell’unico e anche del più antico esempio di piramide a gradoni di tipo babilonese  esistente in Europa.

Poco conosciuto. Poco studiato. Come gran parte della Sardegna.

Solo l’anno scorso mi trovavo con mia moglie in questa terra meravigliosa e ci imbattemmo per caso nella scoperta (o riscoperta) dei Giganti di Monte Prama: ero emozionato, come lo erano gli archeologi e gli abitanti della zona e scrissi di getto un articolo poiché nessun Media nazionale, in Italia, sembrava rendersi conto della straordinarietà della scoperta, persi tra partite di calcio truccate, amoreggiamenti dei Vip, matrimoni gay, politica corrotta & Co., mentre già nel Regno Unito vari giornali avevano dato la notizia.

Fu solo dopo che l’articolo pubblicato sul sito ottenne decine di migliaia di visite in pochi giorni che qualcuno sembrò accorgersene e si vide qualche menzione sui quotidiani più importanti, ma che portò a ben poco.

PROVIAMOCI!

Davvero triste è il fatto che le istituzioni italiane tacciano e non forniscano alcun aiuto alle associazioni e università locali che devono occuparsi della salvaguardia dei beni culturali praticamente da soli. Mi fa sempre male vedere queste cose; al parco archeologico di Pranu Mutteddu ho visto la guida, un archeologo, costretto a lavorare da solo, liberando dalla terra e alzando con le sue braccia i grossi menhir che giacciono dovunque. Ho parlato con lui e mi ha spiegato come vanno le cose, purtroppo. Una persona che per pura passione e amore per la sua terra si spezza la schiena e si sporca le mani rimettendo in piedi strutture megalitiche merita tutto il sostegno e l’onore possibile. Un compito che non gli spetta ma che svolge con dedizione e impegno a prezzo personale molto alto.

Forse sarebbe bene cercare di riunire appassionati e ricercatori di ogni nazione, contattare mecenati e finanziatori in Europa e oltre, creare una sorta di community competente e entusiastica in grado di trovare mezzi e persone e collaborare con le autorità italiane in modo da procedere a indagini e scavi che porterebbero alla valorizzazione di un territorio senza eguali nel mondo.

E questo, sfruttando la semplice pubblicità sul web e su alcuni media selezionati, porterebbe un grande afflusso internazionale di turisti, con le conseguenti ricadute positive sull’economia, un discorso valido non solo per la Sardegna ma per l’intera Italia.

Non è un sogno, si può fare.

E ci stiamo provando.

Pierluigi

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Grazie.

[1] Vedi “Topographical and astronomical analysis on the Neolithic “Altar” Of Monte D’accoddi In Sardinia” al link http://www.rhodes.aegean.gr/maa_journal/issues2009b.html

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